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Articolo sul perchè si è soli, sul perchè si è single.
Perché si è soli.
I motivi che portano un uomo o una donna alla condizione di dover vivere soli,
soli per troppo tempo, sono molteplici; alcuni affondano le radici perfino nella
storia dei propri antenati. Noi ci siamo spinti ad avanzare l’ipotesi che la
solitudine sia dovuta alla perdita di qualche funzionalità, a qualche
disfunzione che causa un’incapacità a costruire e stringere solidi legami
affettivi, sia nei casi in cui si afferma di essere soli per libera scelta, sia
nei casi in cui si è soli perché non si è trovata la persona giusta, soprattutto
quando questa condizione permane per lunghi periodi, fino ad attraversare intere
stagioni della vita. L’uomo è portato a costruire una propria vita sociale,
sentimentale, familiare in maniera spontanea e naturale; è nel rapporto con
l’ambiente socio-culturale che si crea qualche disadattamento che, se va a
sommarsi ad altri impedimenti, evolve verso il male e quindi verso la
solitudine, verso la solitudine vera. Viene esclusa dal nostro ragionamento quel
tipo di solitudine che favorisce il rapporto con la propria interiorità e
feconda l’intuizione creativa, come la solitudine del poeta in attesa
dell’ispirazione.
Potremmo definire la solitudine come una “sfortuna il cui decorso può anche
diventare favorevole”, ma se la permanenza nella propria "salamoia" - casa,
abitudini, evitamenti, isolamento - diviene troppo prolungata, questa facilmente
fa inacidire l'animo e la speranza.
Sono diversi i fattori che possono danneggiare la capacità di un individuo a
costruire buone relazioni, a farsi degli amici intimi, a inserirsi in una
comitiva, ad avviare quelle manovre che conducono alla porta dove ci aspetta il
grande “noi”; alcuni di essi risiedono nel tipo di ambiente familiare, nei
vissuti esperienziali, nei modelli culturali e sociali “nuovi”, nel proprio
temperamento.
Quando si cade nelle maglie della solitudine, si produce una “mutazione”, una
frattura fra l’individuo solo e gli altri, una periferizzazione,
un’emarginazione, il che genera diffidenza verso gli altri, quindi
progressivamente si rimpiccioliscono il tempo e le opportunità di frequentare
nuove persone.
Il trovarsi a dover vivere in una comunità sociale diversa da quella in cui si è
nati e cresciuti porta più facilmente le persone deboli all’isolamento e
all’esclusione. Si è soli, quando si è soli, perché la famiglia si è spezzata,
la nuova società non è ancora arrivata e quella vecchia non c’è più. La
solitudine dell’individuo non riguarda soltanto chi ne è affetto ma l’intera
comunità, e tutti i “portatori sani” che vivono nella comunità. Per dirla in
altri termini, quando si crea la frattura fra il singolo e il suo gruppo, fra i
figli e i genitori, fra la scienza e gli dei, si determina la solitudine dei
“perdenti”.
(© VM, 2008)
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